Mandylion

Anonimo

Tecnica

Tempera all'uovo su tavola

Dimensioni

31 x  26 cm

Scuola

Russa del XIX sec.
Disponibile

Il mandylion o Immagine di Edessa era un telo, venerato dalle comunità cristiane orientali, sul quale era raffigurato il volto di Gesù. L'immagine era ritenuta di origine miracolosa ed era quindi detta acheropita, cioè "non fatta da mano umana".
Il mandylion era inizialmente conservato a Edessa di Mesopotamia (oggi Urfa, in Turchia). In seguito fu traslato a Costantinopoli. Se ne persero le tracce nel 1204, quando la città fu saccheggiata nel corso della Quarta crociata. Alcuni studiosi ritengono che esso fosse lo stesso telo noto oggi come Sindone di Torino. La sua origine era spiegata in modo leggendario: nella sua Storia Ecclesiastica (325), Eusebio di Cesarea narra che Abgar V Ukama ("il Nero"), re di Edessa (4 a.C.–7,13–50), era malato. Saputo dell'esistenza di Gesù che operava miracoli, gli mandò un suo inviato per chiedergli che si recasse alla corte di Edessa. Gesù non andò, ma inviò una lettera.
Un rifacimento della Dottrina di Addai, intitolata Atti di Taddeo, modifica l'antica tradizione di un ritratto di Gesù eseguito da un pittore per il re Abgar: il messaggero voleva osservare attentamente le sue sembianze per riprodurle, ma sarebbe stato Gesù stesso a dargli la sua immagine asciugandosi il volto su un telo detto ràkos tetràdiplon, cioè ripiegato quattro volte doppio. Quel panno, chiamato sindon o mandylion, con la straordinaria immagine acheropita (cioè "non fatta da mani d'uomo"), fu portato al re, che lo venerò e fu guarito dalla sua malattia. Allora Abgar fece fissare l'immagine sopra una tavola ornata d'oro[senza fonte].
Egeria, pellegrina a Edessa nel 384, riferisce che il vescovo della città, nel farle visitare i luoghi notevoli, la condusse alla Porta dei Bastioni dalla quale era entrato Hanna recando la lettera di Gesù; però il resoconto di quanto ha visto non fa cenno all'immagine.
La prima notizia ritenuta attendibile della presenza del mandylion a Edessa è della metà del VI secolo. Nel 544 la città fu assediata dai Sasanidi guidati dal re Cosroe I Anushirvan: secondo Evagrio Scolastico (594), la città fu liberata dall'assedio grazie all'immagine sacra. Anche un inno siriaco coevo considera l'esistenza di quell'immagine miracolosa già nota ed acquisita.[senza fonte]
Secondo la tradizione,[senza fonte] il telo con l'immagine acheropita di Cristo era stato rinvenuto in una nicchia dentro un muro sovrastante una porta della città. Alcuni[senza fonte] danno credito a questa tradizione ritenendo che il mandylion fosse stato nascosto secoli prima a causa delle persecuzioni e poi dimenticato; il ritrovamento potrebbe essere avvenuto durante i lavori di ricostruzione seguiti alla catastrofica inondazione del Daisan, il corso d'acqua che attraversa Edessa, avvenuta nel 525. La notizia di questa inondazione è riportata da un autore dell'epoca, Procopio di Cesarea. Molti monumenti biblici furono danneggiati o distrutti. Giustiniano I intraprese una monumentale ricostruzione, della quale beneficiò anche la chiesa principale, Santa Sofia.
Jack Markwardt ha invece avanzato l'ipotesi che il mandylion (che egli identifica con la Sindone) sia giunto ad Edessa soltanto nel 540, il che spiegherebbe l'assenza di notizie precedenti: prima di tale data sarebbe stato custodito ad Antiochia. Il trasporto sarebbe avvenuto quando la città, quattro anni prima di Edessa, fu attaccata da Cosroe e molti nell'imminenza dell'assedio fuggirono[2].
Al mandylion fu destinata una piccola cappella situata a destra dell'abside; era conservato in un reliquario e non veniva esposto alla vista dei fedeli.
Quando Edessa venne occupata dai musulmani, il mandylion continuò ad esservi conservato per qualche tempo. Tuttavia si iniziò a temere per la sua sorte; quindi nel 944 il domestikos (generale) bizantino Giovanni Curcuas, in cambio di 200 prigionieri musulmani, lo recuperò per portarlo a Costantinopoli. Qui esso arrivò accompagnato da una folla in tripudio e collocato con una cerimonia fastosa dal basileus Costantino Porfirogenito nella chiesa della Vergine (Theotokos) di Pharos: il suo arrivo veniva ricordato in una festa liturgica anniversaria, il 16 agosto. In alcuni canoni composti per tale festa, si fa cenno all'immagine e le si attribuisce una potenza taumaturgica. Più tardi il mandylion fu spostato alle Blacherne, vicinissima quindi alla residenza imperiale, a sottolineare la speciale venerazione riservatagli dagli Imperatori.
Giovanni Damasceno (morto nel 749) menziona l'immagine nel suo lavoro a difesa delle sacre immagini, ricordando tuttavia la tradizione secondo cui Abgar, richiesta un'immagine di Gesù, ottenne un tessuto sul quale Gesù avrebbe impresso miracolosamente la propria immagine. Il tessuto è descritto come oblungo, e non quadrato, come affermano invece altre tradizioni, senza che si parli di alcun ripiegamento del tessuto stesso.
Nel 1204 la Quarta crociata si concluse con l'assedio e il saccheggio di Costantinopoli, e il mandylion scomparve. La sua sorte successiva è ignota.

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