Madonna di Fedorov

Anonimo

Tecnica

Tempera all'uovo su tavola

Dimensioni

34 x  28 cm

Scuola

Russa del XVIII sec.
Disponibile

La presente icona, la cosiddetta “Madre di Dio della Tenerezza di Vladimir”, probabilmente la più famosa icona della Russia, non è comunque un’icona russa. Essa si rifà alla celeberrima icona bizantina del XII secolo (attualmente alla Galleria Tret’jakov di Mosca), portata da Costantinopoli a Vyshgorod, vicino a Kiev, nel 1131 e donata ai sovrani della Rus’ all’atto del battesimo della nuova nazione. Il Principe Andrei Bogolyubsky la trasferì nel 1155 da Kiev alla città di Vladimir, da cui poi prese il nome. Il Principe la portò con sé come icona patronale durante la sua campagna. Nel 1395, quando Mosca fu in pericolo di essere conquistata durante l’invasione di Tamerlano, l’icona fu trasferita a Mosca e sistemata nella Cattedrale della Dormizione nel Cremlino. Incredibilmente, tale trasferimento avvenne nello stesso giorno della ritirata da Mosca dell’armata del Khan Tokhtamysh (Tamerlano). Da allora questa icona è quindi divenuta lungo tutto l’arco della storia russa la custode e protettrice del popolo russo.

Fin dall’inizio l’icona fu considerata un’opera di elevata qualità e forza tale da essere costantemente copiata, divenendo uno dei più antichi tipi canonici e producendo poi alcune variazioni sul tema. La composizione è nota come la Vergine Eleusa (“Eleusa” = “benevola” in greco e poi tradotto nella Rus’ con “Tenerezza” o “Umileniye” in russo, che trasmetteva molto bene il contenuto dell’immagine). La Vergine sorregge il Bimbo con il suo braccio destro mentre la sua mano destra lo indica. Il Cristo fanciullo, la cui espressione è quella del Consolatore, cinge invece con il suo braccio sinistro il collo della Vergine e avvicina la sua guancia a quella della Madre nell’atto di rivelarle la sua passione e morte. Sebbene la gestualità evidenzi una relazione molto stretta, l’espressione della Vergine non rivela molto del tipico affetto materno, premesso che possano essere utilizzati termini tipici delle emozioni umane e terrene, ma manifesta una certa malinconia, una certa tristezza per la rivelazione avuta. Tuttavia, lo sguardo dolce e tenero, benché triste, penetrante e comprensivo, fanno della Vergine la Madre per eccellenza, che accoglie in sé ogni sentimento umano e lo trasfigura in preghiera. Interessante che in ogni icona il Cristo si mostri nella pienezza della sua divino umanità, evidenziata dal nimbo, in cui sono inscritti il profilo della croce e le iniziali greche della definizione di Dio “Colui che è”. L’icona rimanda così al tema centrale della dottrina cristiana: l’incarnazione di Dio per la salvezza dell’umanità, di cui la Vergine è l’archetipo.

Il monogramma del titolo di “Madre di Dio”, attribuito alla Madonna dal concilio di Efeso del 431 e che la tradizione orientale ha conservato e prediletto nei secoli fino ad oggi.

Maria è piena di trepida tenerezza per il Figlio, che l’abbraccia delicatamente al collo e si stringe alle guance della madre. Colpiscono gli occhi della Vergine. Lei guarda direttamente la persona che le sta davanti. Nel suo sguardo c’è una tenerezza infinita, una tristezza profonda ed una domanda illimitata.
Come sopportare questo sguardo? Come entrare in relazione con la Vergine? Soltanto con l’umiltà e la preghiera… Tale è una vera icona. Essa è il risultato della più alta comprensione dell’immagine del Terrestre e dell’Universale, limite estremo, che l’uomo può raggiungere.
Quest’immagine della Vergine Maria non ha eguali in tutta l’arte mondiale. L’icona arrivò da Constantinopoli a Kiev verso l’anno 1136, e nel 1155 fu portata dal principe Andriej Bogoliubskij a Vladimir; di qui il suo nome. Nel 1395 fu trasferita nella cattedrale della Dormizione del Cremlino a Mosca, ma poco dopo tornò a Vladimir. Più tardi nel 1480 fu riportata a Mosca, dove si trova ancora oggi. Quest’icona è stata dipinta quattro volte: nella prima metà del XII secolo, all’inizio del XV, nel 1514 e nel 1896. Alla più antica pittura bizantina del XII secolo appartengono soltanto i liki della Vergine e del Bambino con il palmo della sua mano sinistra. Tutto il resto è dipinto dagli iconografi russi. Si suppone che il pittore, che ha restaurato quest’icona all’inizio del XV secolo, sia stato Andrej Rubliëv.
In tal modo, quest’icona può essere chiamata di diritto bizantino-russa. E questo a maggior ragione, dal momento che è stata il modello di molte icone russe della “Madre di Dio con Bambino” ed anzitutto il paradigma dell’immagine canonica della Madre di Dio di Vladimir.

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