Madonna del roveto ardente

Anonimo

Tecnica

Tempera all'uovo su tavola

Dimensioni

31.5 x  26.7 cm

Scuola

Russa del XIX sec.
Disponibile

L'icona della Madre di Dio detta "Roveto ardente" deve il suo nome al noto miracolo testimoniato da Mosè stesso nel vecchio testamento. Nel III capitolo dell'Esodo, Dio chiama Mosè sul monte Oreb, dal mezzo di un cespuglio che bruciava a fuoco vivo, ma senza consumarsi egli ode la voce di Dio che gli comunica l'incarico di salvare gli Ebrei dalla schiavitù in Egitto. In quella occasione Dio confida a Mosè il suo nome: "Io sono Colui che sono" (Esodo 3.14).
La Chiesa rifacendosi alla tradizione dei Santi Padri ed ai suoi concili ecumenici, ritiene che le fiamme che Mosè vide erano di fatto la Gloria di Dio fattasi luce, e preannunciatrice della trasfigurazione di Gesù; ecco perché il cespuglio non si poteva mai consumare. Dio concesse a Mosè di vedere la Sua Gloria, che come la Sua essenza stessa è eterna, quindi non consumabile. Quando Dio parlò a Mosè, questi udì la Parola del Verbo (Logos) prima ancora dell'incarnazione. La visione della gloria di Dio, come luce in questa vita come nella prossima coincide con il fatto salvifico stesso. Il miracolo del Cespuglio ardente consiste quindi in una prefigurazione della nascita di Gesù dalla Vergine Maria. La Vergine diede alla luce il Cristo pur rimanendo tale, esattamente come il cespuglio che brucia ma non si consuma. La tradizione cristiana ha dato del fenomeno del Roveto più di una spiegazione. L'interpretazione più comune e costante si presenta in chiave cristologica e mariana. Ravvisando nel fuoco il simbolo della divinità e nel Roveto il simbolo dell’umanità, si è letto nel fenomeno una prefigurazione dell'Incarnazione di Cristo per mezzo di Maria. Maria stessa, strumento e luogo dell'Incarnazione, non solo non fu annientata per il tremendo impatto [con la divinità], ma conservò anche la sua verginità intatta.
A partire da secolo V, i Padri greci hanno interpretato il roveto ardente come una prefigurazione della Madre di Dio. La liturgia bizantina vi vede una fulgida profezia della concezione verginale di Gesù. «Mosè ti prefigurò come il roveto ardente del Sinai. Tu ricevesti, senza essere consumata, il fuoco insostenibile dell’essenza divina, che unisce un’ipostasi divina alla fragilità della carne». L’interpretazione mariologica del roveto ardente è entrata anche nella liturgia romana, come attesta la 3^ Antifona dei II Vespri del 1 Gennaio, solennità della Madre di Dio.
”Come il roveto, che Mosè vide ardere intatto, integra è la tua verginità, Madre di Dio: noi ti lodiamo, tu prega per noi.”
Il Roveto così divenne un simbolo e un nome di Maria Vergine.
Dai numerosi Padri che hanno commentato il tema, diamo qui il seguente di Esichio di Gerusalemme (+ 451) il quale, nella sua seconda "Omelia sulla Madre di Dio", così commenta: "A te, o Vergine, i Profeti dispensarono lodi; ed ognuno ti ha chiamato Portatrice di Dio. Uno ti disse Verga di Jesse; un altro ti paragonò al Roveto che arde e non si consuma, alludendo in tal modo alla carne dell'Unigenito ed alla Vergine Madre di Dio: bruciava ma non si consumava, poiché partorì, ma non aprì il grembo; concepì ma non contaminò il seno; diede alla luce il bimbo, ma lasciò sigillato l'utero; somministrò il latte, e conservò intatte le mammelle; portava il fanciullo, ma non divenne sposa; crebbe il figlio, ma non v'era padre...".

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